giovedì 7 febbraio 2008

Cassandra's dream

Dopo “Matchpoint” Woody Allen dirige un altro thriller, cambiandone la storia e il punto di vista;
se in Matchpoint analizzava un ceto sociale di alto bordo, una famiglia aristocratica e il punto di vista psicologico di una persona ormai rimasta sola col suo agghiacciante segreto, in “Cassandra’s dream” prende in considerazione due persone appartenenti al ceto medio-basso, due fratelli con sogni ed ambizioni, schiavi della loro mediocrità e dei loro vizi(Farrell l'alcool e il gioco, McGregor il cercare di essere qualcun'altro), cosi diversi nell'affrontare la vita ma in fin dei conti cosi simili nel viverla.
Non c’e traccia di ironia, humor o satira come e’ consuetudine di Allen; la sceneggiatura ricalca fedelmente quella di “Matchpoint”, ma ne risulta un interessante variazione. Certo, il tema e’ sempre lo stesso, persone mediocri che si trasformano in arrampicatori sociali, ma qui e’ diverso: non siamo piu’ di fronte a un viziato marito al quale sfugge di mano la situazione, e l’unico modo per salvare la propria invidiabile posizione e’ quello di eliminare l’ostacolo. Qui eliminare l’ostacolo e’ il mezzo per arrivare a qualcosa, lo scotto morale da pagare per ambire a una vita migliore. E mentre nel precedente thriller il protagonista e’ solo, e l’unico modo per sopravvivere e’ nascondere il senso di colpa, qui sono due, i quali si influenzano reciprocamente, e si distruggono a vicenda, fino ad annientarsi.
Allen e' dannatamente cinico nello sviluppare la narrazione, cosi freddo e distaccato nel raccontare la lenta ma inesorabile distruzione interiore di Farrell dopo aver compiuto l'atto, dopo aver valicato il confine; e' come se analizzasse la situazione dal punto di vista del fratello Ian, accecato dall'ambizione e dall'ossessivo amore per la seducente Sally Hawkins. O, forse di piu’, dal punto di vista del diabolico e risoluto zio Howard.
Degne di nota le interpretazioni, a partire da un Colin Farrell in splendida forma e perfettamente a suo agio col personaggio, fino ad arrivare ad Ewan McGregor, freddo e terrorizzato dalla vita.
Ancora una volta ottima la fotografia della città, la Londra operaia(altro motivo di confronto con Matchpoint, in cui si metteva in risalto la “City” dei soldi e dei grandi affari); importante sotto questo punto di vista la figura di Sally Hawkins, teatrante mediocre ma con grandi desideri di fama e fortuna.
In definitiva un buon film, non ai livelli sicuramente dei grandi capolavori del passato, ma degno di nota. Non resta che aspettare il prossimo film di Woody, ambientato nella magnifica Barcellona.
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